Premessa. Prima di tutto va detto che l’analisi epocale è presupposta alla conoscenza dei problemi del presente. Non è un’analisi puramente storica, ma utilizza i dati storici. Consente di individuare, adottando il metodo degli archi storici, gli aspetti epigonali, patetici e patici del momento storico vissuto, il riferimento ai quali è indispensabile per la comprensione e l’azione nel presente e per orientare le proiezione sul futuro. Il politico non può ignorare l’epocalità, poiché è nell’epocalità che si riconosce la fisiologia dei complessi collettivi con cui misurarsi, che è dinamica.
- Per comprendere nella sua peculiarità la civiltà in cui viviamo e intervenirvi di conseguenza occorre sapere come essa porti le tracce del passato da cui deriva e come tale eredità, anche in forme rinnovate, condizioni le sue modalità di essere, di esprimersi e di aggiornarsi. In quelle tracce si leggono molti condizionamenti e direttive incidenti sul presente e tendenti ad incidere sul futuro.
- Le fonti selettive più remote più specifiche della nostra civiltà attingono a società di tipo sacrale, ossia fondate su una visione mitico-rituale dell’esistenza. Da esse abbiamo ereditato soprattutto le strutture e le forme dinamiche delle energie simboliche e dei miti che interpretano la nostra visione delle cose. I modelli forti della società sacrale, per la nostra civiltà, sono desumibili soprattutto dall’antica civiltà mesopotamica e da quella egizia.
- Il discostarsi dalla civiltà sacrale ha preso avvio per l’occidente, nelle modalità più caratterizzanti, con la cultura greca, che ha introdotto, accano a quello costumale, il punto di vista noetico nel rapportarsi alla realtà, cioè cognitivo, logico e al tempo stesso astraente ed idealizzante. Genericamente detto, quivi nascono la filosofia come scienza e la scienza come filosofia. La civiltà greca ci ha insegnato a pensare, è la fonte principale della noesi europea.
- La concezione universale di governo proviene dall’antica Roma, che ha introdotto l’idea del diritto e il senso imperiale, ossia di un potere contemporaneamente simbolico ed istituzionale super partes, dotato di una visione universalistica. La civiltà romana ci ha inseganto a governare ed è la fonte fondamentale delle regole istituzionali, ravvisabili in generale nel modello di stato misto.
- Lo spirito critico ed escatologico è desunto dall’assunzione di componenti della civiltà ebraica. Quest’ultima è la matrice più determinante dell’intelligenza inquirente la natura, problematizzante e relativizzante.
- Il germanesimo ha insegnato l’idea prioritaria dell’azione e il valore della fedeltà volontario-pattizia, oltre alla tutela delle particolarità e del libero associazionismo. Il germanesimo è la fonte principale dello spirito di azione, della responsabilità dell’azione e del sentimento del dovere.
- Il cristianesimo ha costituito la garanzia della fusione degli apporti dell’ebraismo e della grecità, grazie al mondo bizantino, e poi del germanesimo e della romanità, e ha costruito istituzionalmente il modello romano-germanico, che, rispettando contemporaneamente le particolarità e l’universalità, ha introdotto l’idea federativa e il principio della fedeltà in un simbolo unificante super partes, di portata anche spirituale. Il cristianesimo ha dato un’impronta acculturante, pluralistica ed unitaria alla eterogenea compagine europea.
- Una civiltà è priva di consapevolezza e di consistenza se non sa coltivare i propri miti di appartenenza e l’Europa li può ritrovare solo riconoscendosi nelle suddette tradizioni, mediandole con la libertà dell’ingegno, che l’età rinascimentale ha saputo vivificare, allargando gli orizzonti della conoscenza e dell’intelligenza ermeneutica. In particolare, coltivare l’intelligenza ermeneutica, che non si esaurisce né nell’intelligenza analitica, né nell’intelligenza sintetica, alle quali peraltro le è consueto ricorrere, e che costituisce il patrimonio umanistico più specifico della civiltà europea, assicura la libertà della mente e dello spirito, preservando l’autonomia e la dignità umana dalla tirannia delle tecnologie e dalle sottomissioni conformistiche e pianificate.
- Si devono avversare il pensiero e l’azione che disattendono o combattono le qui indicate matrici della civiltà europea, perché quel pensiero e quell’azione sono fonte del suo decadimento e del suo asservimento, privando altresì il resto del mondo del più specifico e prezioso apporto culturale e costumale che l’Europa ad esso può dare.
- Il dovere del cittadino europeo, per se stesso e per la società, è di saper mantenere e tramandare in maniera aggiornata le energie espresse dalle matrici sopra indicate, con l’accortezza che nessuna di esse debba imporsi sulle altre, onde non spezzare l’equilibrio umanistico, che è parte integrante della cultura e dell’etica europea. L’equilibrio umanistico, principio che sa far convivere le diversità senza sopraffazione dell’una sull’altra, è frutto maturatosi nell’intelligenza ermeneutica.